LA SOLITUDINE

In volo o di notte
ho visto la solitudine.
L’ho vista sulle colline bruciate
dell’Italia in fiamme.
L’ho vista nelle acque grigie e opache
dell’oceano agitato.
L’ho vista nelle file di macchine lussuose
sfreccianti nella notte
sulle highways della California.
L’ho vista negli occhi di una donna
l’ho vista nei miei occhi,
nei bambini abbandonati,
nei clochards di Parigi,
nella fame in oriente e in occidente.
Nella schiena spezzata
dei malesi a Singapore,
nei cortili terrosi
alla periferia di Chicago,
negli esuli albanesi ai semafori di Atene.
Ma adesso è qui, di fianco a me
che guida la mia mano
e che ride di me e del mondo
che governa in silenzio.

DONNA 6 TU

Donna sei tu
Donna davvero
che nei tuoi occhi hai una parte di cielo.
Respiro te
senza parole
se mi sorridi chiamandomi amore.
Quando sei qui
raccolgo universo
se nel mio letto ho un respiro diverso.
Donna sei tu
e mi sai stupire
i miei silenzi riesci a capire.
Figlia e poi Madre
senza fatica
amica di sempre e compagna di vita.
Quando io sbaglio
tu sai perdonare
anche con rabbia parlando al mio cuore.
Sei nei tramonti
nelle albe più accese
sei il desiderio… quell’onda che cresce.
Il meglio di te
non è sotto una gonna
ma dentro il tuo petto… perchè sei Donna.

Traditional Irish Folk Song

 

ricordami….

 Ricordami
quando camminerai nel vento.
Ricordami
quando sentirai una musica
e nel cielo spunteranno le stelle.
Ricorda le mie parole
quando tramonterà la luna
e cercami sulla riva del mare
quando verrà l’estate.
Se hai creduto in me,
se hai capito il mio cuore,
mi ritroverai
in ogni strada del mondo,
in ogni angolo del tempo….

TRATTO DA”IL PICCOLO PRINCIPE”

 Guardavo,
alla luce della luna,
quella fronte pallida,
quegli occhi chiusi,
quelle ciocche di capelli
che tremavano al vento..
E mi dicevo…
" Questo che io vedo
non è che la scorza.
Il più importante
è invisibile…"
( Da "Il piccolo Principe)

A VOLTE…..

 A volte quando si è tristi basta uscire di casa per provare consolazione…
Il vento può farti la carezza
che non ti viene da chi ami.
La pioggia confondere le sue gocce
con le tue lacrime….
Il sole asciugarti le guance
e abbracciarti con il suo calore…

I TWELVE DAYS OF CHRISTMAS

 

I Twelve Days Of Christmas

I Twelve Days of Christmas sono i dodici giorni che vanno da Natale all’Epifania. Il 6 gennaio, conosciuto anche come “Little Christmas”, è la fine ufficiale della stagione natalizia, giorno in cui vengono tolte tutte le decorazioni e si chiude la porta al Natale.
Ma Twelve Days of Christmas è anche il titolo di un famoso canto natalizio

La popolare canzone natalizia, non è una banale sequenza di rime prive di senso o una strana lista di regali, bensì nasconde un significato profondo e ebbe in origine uno scopo molto serio quando fu composta.
In Inghilterra, nel periodo che va dal 1558 al 1829, ai cattolici fu vietato per legge l’esercizio, privato e pubblico, della propria fede. La canzone Twelve Days of Christmas è un ricordo di questo periodo in cui il Cattolicesimo era illegale: essa fu, infatti, scritta in Inghilterra come esercizio di memoria per aiutare i giovani cattolici a imparare i dogmi della loro fede. Tutto ciò accadeva in maniera occulta, poiché se si veniva trovati con addosso una qualsiasi traccia che testimoniasse la propria adesione alla fede cattolica, si poteva essere non solo imprigionati, ma anche impiccati o, ancora peggio, si poteva subire un trattamento che prevedeva l’impiccagione fino al soffocamento, lo sventramento da semivivo e il successivo smembramento del corpo, trainato da quattro cavalli.

I doni elencati nel canto celano significativi insegnamenti della fede cattolica. Già all’inizio, per esempio, il “true love” non si riferisce a un amante terreno, ma a Dio stesso. Il “me” che riceve i regali indica ogni persona battezzata. Per quanto riguarda i doni, invece, vediamone la simbologia, uno per uno:

On the 1st day of Christmas my true love gave to me…
…A Partridge in a Pear Tree

La pernice in un pero (partridge in a pear tree) simboleggia Gesù, che si finge ferito per attirare i predatori a sé e distoglierli dai figlioletti indifesi nel nido. Tale metafora richiama l’espressione della tristezza di Cristo sul fato di Gerusalemme: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto a raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, ma voi non avete voluto!” (Luca 13, 34)

On the 2nd day of Christmas my true love gave to me…
… Two Turtle Doves
Le due tortore raffigurano il Vecchio e il Nuovo Testamento, che testimoniano la rivelazione di Dio nella storia e la creazione di un popolo che diffondesse la parola del Signore.

On the 3rd day of Christmas my true love gave to me…
… Three French Hens
Le tre galline francesi rappresentano le tre virtù teologiche: fede, speranza e amore

On the 4th day of Christmas my true love gave to me…
… Four Calling Birds
I quattro uccelli sono I quattro Vangeli, di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che proclamano la parola di Dio.

On the 5th day of Christmas my true love gave to me…
… Five Gold Rings
I cinque anelli d’oro rappresentano i primi cinque libri del Vecchio Testamento, conosciuti come Torà o Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, che espongono la storia del peccato dell’umanità e il responso di Dio di grazia nella creazione di un popolo che illumini il mondo.

On the 6th day of Christmas my true love gave to me…
… Six Geese A-laying
Le oche sono i sei giorni della creazione.

On the 7th day of Christmas my true love gave to me…
… Seven Swans A-swimming
I cigni rappresentano i sette doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio.

On the 8th day of Christmas my true love gave to me…
… Eight Maids A-milking
Le otto vergini stanno a simboleggiare le otto beatitudini: 1) Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati. 2) Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. 3) Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. 4) Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta. 5) Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 6) Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 7) Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. 8) Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. (Matteo 5:3-10)

On the 9th day of Christmas my true love gave to me…
… Nine Ladies Dancing
Le nove fanciulle danzanti sono i rispettivi frutti dello Spirito Santo: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. (Galati 5: 22)

On the 10th day of Christmas my true love gave to me…
… Ten Lords A-leaping
I dieci signori simboleggiano I dieci comandamenti: Non avrai altro Dio fuori di me; Non nominare il nome di Dio invano; Ricordati di santificare le feste; Onora il Padre e la Madre; Non uccidere; Non commettere atti impuri; Non rubare; Non dire falsa testimonianza; Non desiderare la donna d’altri; Non desiderare la roba d’altri (Esodo 20:1-17)

On the 11th day of Christmas my true love gave to me…
… Eleven Pipers Piping
Gli undici suonatori rappresentano i rispettivi apostoli fedeli: Simone detto Pietro, Andrea fratello di Pietro, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Simone lo Zelota, Giuda di Giacomo (Luca 6:14-16).  La lista, qui, non include il dodicesimo apostolo, Giuda Iscariota, che tradì Gesù.

On the 12th day of Christmas my true love gave to me…
… Twelve Drummers Drumming
I dodici suonatori, ancora, rappresentano i dodici punti del credo apostolico: 1) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; 2) Credo in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli; 3) per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo; 4) Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto; 5) Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre; 6) E di nuovo verrà, nella gloria per giudicare i vivi e i morti ; 7) il Suo regno non avrà fine; 8) Credo nello Spirito Santo; 9) Credo la Chiesa; 10) Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati; 11) la risurrezione dei morti; 12) la vita del mondo che verrà.

Il testo originale di "Twelve Of Christmas"

On the first day of Christmas,
my true love sent to me
A partridge in a pear tree.

On the second day of Christmas,
my true love sent to me
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the third day of Christmas,
my true love sent to me
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the fourth day of Christmas,
my true love sent to me
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the fifth day of Christmas,
my true love sent to me
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the sixth day of Christmas,
my true love sent to me
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the seventh day of Christmas,
my true love sent to me
Seven swans a-swimming,
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the eighth day of Christmas,
my true love sent to me
Eight maids a-milking,
Seven swans a-swimming,
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the ninth day of Christmas,
my true love sent to me
Nine ladies dancing,
Eight maids a-milking,
Seven swans a-swimming,
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the tenth day of Christmas,
my true love sent to me
Ten lords a-leaping,
Nine ladies dancing,
Eight maids a-milking,
Seven swans a-swimming,
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the eleventh day of Christmas,
my true love sent to me
Eleven pipers piping,
Ten lords a-leaping,
Nine ladies dancing,
Eight maids a-milking,
Seven swans a-swimming,
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,
And a partridge in a pear tree.

On the twelfth day of Christmas,
my true love sent to me
Twelve drummers drumming,
Eleven pipers piping,
Ten lords a-leaping,
Nine ladies dancing,
Eight maids a-milking,
Seven swans a-swimming,
Six geese a-laying,
Five golden rings,
Four calling birds,
Three French hens,
Two turtle doves,


And a partridge in a pear tree!

Grafica Stregata

NATALE IN IRLANDA-PART 2:RICETTE NATALIZIE

Il pranzo di Natale e le ricette Irlandesi

Il tradizionale pranzo di Natale si consuma solitamente su una tavola decorata con candele e “Christmas crackers”, ovvero cilindri di cartone rivestiti di carta colorata che, tirandone un cordoncino, esplodono e mostrano un biglietto scherzoso, un cappellino di carta o un regalino.
Non c’è un antipasto tradizionale per il pasto di Natale, ma la scelta varia tra cocktail di gamberetti, melone o salmone affumicato con brown bread. La portata principale consiste tipicamente nel tacchino, arrostito e farcito, uno zampone spesso bollito e ricoperto di pangrattato e zucchero, salsicce, salsa di mirtilli, sugo, patate e qualche verdure.
Il tacchino è una tradizione portata dagli Stati Uniti: prima del 1600 si soleva mangiare l’oca. Il dolce di Natale è il tipico Christmas pudding servito o con burro al brandy o con salsa di brandy o rum. Inoltre si mangia la “mince pie”, ovvero una tortina ripiena di frutta fresca e aromi vari.

Christmas Pudding

Il Christmas Pudding è il tipico dolce natalizio, che va preparato con molto anticipo, circa verso l’inizio dell’Avvento, ma c’è anche chi esagera e lo prepara ancora prima!

– 200 g margarina
– 350 g uvetta secca di Corinto
– 200 g uva sultanina
– 200 g uva passa
– 50 g di canditi misti
– 25 g di mandorle tritate
– 175 g farina
– 2 cucchiaini di spezie miste in polvere (chiodi di garofano, cannella, zenzero)
– 1 cucchiaino di noce moscata in polvere
– 175 g di briciole di pane fresco (pane al latte, senza crosta)
– 700 g di zucchero di canna
– 2 uova grosse, sbattute
– la buccia ed il succo di 1 limone
– 1 cucchiaio di melassa
– 4 cucchiai di latte
– 2 cucchiai di brandy
– 1 stampo da budino dalla capacità di 1 litro
– carta oleata
– agrifoglio per decorare
– 1 cucchiaio di brandy per flambare

Imburrate lo stampo da budino con abbondante burro ed a parte anche un foglio doppio di carta oleata che vi servirà poi da coperchio per il pudding.
In una ciotola grande mescolate tutti gli ingredienti con un cucchiaio di legno per circa 5 minuti fino ad ottenere un composto omogeneo e riempite con questo la forma imburrata.
Pareggiate la superficie che deve rimanere al disotto del bordo per circa 2,5 cm e coprite con il doppio foglio di carta oleata (la parte imburrata rivolta verso l’interno) ben ripiegato tutt’intorno al bordo e legato con dello spago da cucina.
Mettete il Pudding in una pentola e aggiungete dell’acqua calda in modo che ricopra la forma per 1/3.
Coprite col coperchio e fate cuocere a fuoco bassa per circa 6 ore non dimenticando di aggiungere sempre l’acqua calda che mano a mano evapora.
Trascorso questo tempo, togliete il pudding dall’acqua e fate raffreddare.
Sostituite poi il coperchio di carta oleata con un altro che legherete come il precedente.
Conservate il pudding in un luogo fresco e arieggiato.
La mattina di Natale riscaldate il pudding per circa 2 o 3 ore con lo stesso metodo che avete usato per la prima cottura, ricordandovi di sostituire di tanto in tanto l’acqua che evapora.
Quando è ben caldo, rovesciatelo sul piatto di portata, decorate con l’agrifoglio, versate sulla cima un cucchiaio di brandy riscaldato in un pentolino e flambate (infiammate) a tavola.
Servite accompagnato dal Burro al Brandy.

Burro al brandy

(per accompagnare il Pudding)
– 175 g di burro
– 220 g di zucchero al velo
– 2 cucchiai di brandy

Frullate il burro oppure montatelo in una ciotola con un cucchiaio di legno fino a quando è diventato morbido e cremoso.
Aggiungete il brandy, amalgamate bene stando attenti a non sbattere troppo il composto perché potrebbe cagliare.
Mettete il burro in una ciotola di vetro e conservate in frigorifero fino al momento di servire.

Salsa di brandy o rum

(per accompagnare il Pudding)
– 1 cucchiaio di margarina
– 1 cucchiaio e 1/2 zucchero grezzo
– 2 cucchiaio di brandy o rum
– 2/3 cucchiai di latte o crema di soia

Sciogliere la margarina e versarvi lo zucchero.
Far bollire lentamente per un paio di minuti e poi aggiungervi il brandy e il latte di soia.
Mescolare per uniformare il composto.
Conservare per farcire il pudding.

Mincemeat

(conserva di frutta secca per farcire le “mince pies”)
– 225 g uva passa
– 225 g ribes
– 125 g uva sultanina
– 125 g mele, sbucciate
– 125 g canditi misti
– 50 g margarina
– 1 limone, succo e scorza grattugiata
– 125 g zucchero scuro
– 1 cucchiaio di melassa
– 1 cucchiaio di spezie miste tritate (cannella, noce moscata, chiodi di garofano, zenzero)
– 1 cucchiaio di cannella
– ¼ di cucchiaio di brandy o whiskey
– 15 g burro

Tagliare finemente le mele.
Sciogliere il burro in una padella e mettervi ad appassire le mele.
Aggiungere gli altri ingredienti e mescolare bene.
Mettere il composto in vasetti sterilizzati senza riempire fino al bordo.
Coprire con dischi di carta cerata e chiudere ermeticamente.
Mantenere in luogo buio e fresco, preferibilmente non oltre tre mesi.

Mince Pies

Le mince pies sono dolcetti natalizi ripieni di mincemeat, ovvero una conserva di frutta secca al brandy o whiskey. Solitamente si prepara una mince pie per ogni membro della famiglia.

Ingredienti per 24 dolcetti
per la pasta:
– 275 g di farina
– 25 g di mandorle finemente tritate
– 175 g di burro
– 75 g di zucchero
l- a buccia finemente grattugiata di 1/2 limone
– 1 turlo d’uovo
-3 cucchiai di latte

per il ripieno:
– 450 g di mincemeat mescolato con 1 o 2 cucchiai di brandy

Mescolate la farina alle mandorle tritate e al burro a pezzetti e amalgamate bene.
Aggiungete lo zucchero, la buccia del limone, il tuorlo sbattuto col latte e impastate bene fino ad ottenere un composto omogeneo che farete riposare in frigorifero per circa mezz’ora. Stendete la pasta su di un piano infarinato e ricavate 24 tondi del diametro di 7,5 cm e altri 24 dal diametro di 5 cm.
Foderate 24 stampi per tartelette imburrati oppure un’apposita teglia antiaderente con 12 buchi (in questo caso li cuocerete in due mandate) con i cerchi di pasta più grande, riempitene il centro con un cucchiaino di mincemeat facendo attenzione a non metterne troppo.
Bagnate i bordi di pasta, ricoprite con il cerchio più piccolo, sigillate bene premendo con le dita ed infornate a 200° per circa 15 minuti quando la pasta sarà diventata dorata.
Spolverizzare con dello zucchero al velo e servire caldi.

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IL NATALE IN IRLANDA-parte 1

Natale in Irlanda

La stragrande maggioranza degli Irlandesi è di fede cattolica e il giorno di Natale (in gaelico Nollaig – compleanno) è soprattutto una festa religiosa, cui seguono undici giorni di festa fino al giorno dell’Epifania, i celebri Twelve Days of Christmas.
In Irlanda le tradizioni natalizie somigliano molto a quelle presenti nella maggior parte dei paesi occidentali: lo scambio dei regali, la messa, il luculliano pranzo e la decorazione dell’albero di Natale sono usanze condivise da quasi tutti i paesi che festeggiano il Natale. Ma ogni paese, compresa l’Irlanda, ha anche i suoi particolari rituali.

Le origini celtiche del Natale irlandese

Molte delle usanze irlandesi ancora oggi in vita risalgono a epoche antichissime, quando alla cultura e alla religione gaelica subentrò il Cristianesimo.

La data in cui si celebra il Natale è legata alle religioni degli antichi Druidi e Romani. Nel periodo del solstizio d’inverno, Alban Arthuan (in inglese “The Light of Arthur”, secondo la credenza che re Artù nacque il giorno del solstizio d’inverno), i Celti celebravano la rinascita del sole così come i Romani celebravano la nascita del dio Sole. Alban Arthuan è noto anche come Yule, che deriva dalla parola anglo-sassone "Yula" o "Wheel of the Year" e indicava la celebrazione del giorno più breve dell’anno e della rinascita del sole.
Inoltre si credeva che Alban Arthuan fosse un periodo di crescente fertilità, come lo erano altre feste celtiche, tipo Samhain o Beltane.
L’usanza di ardere il ceppo di Natale, tradizione legata ancora oggi alle feste natalizie, nacque per onorare la grande dea madre.
Il ceppo veniva acceso alla vigilia del solstizio, usando i resti del ceppo dell’anno precedente, e veniva lasciato ardere per dodici ore come buon auspicio.

La decorazione del ceppo di Natale fu originariamente un’usanza pagana: si appendevano al tronco, solitamente di pino, numerose decorazioni colorate che stavano a significare gli astri tanto significativi per i pagani – luna, sole e stelle – e le anime di coloro che erano morti durante quell’anno.
Oltre a ciò si crede che anche il moderno scambio di regali derivi da una tradizione pagana che vedeva molti doni appesi all’albero in questione come offerte ai numerosi dei.

Per quanto riguarda Babbo Natale, infine, anche tale tradizione sembra risalire in qualche tratto al periodo celtico: i suoi elfi, infatti, sono una modernizzazione del “Nature folk” di origine pagana, e le sue renne sono associare all’”Horned God”, uno degli dei pagani.
Per concludere, dato il credo cristiano, per cui la nascita di Cristo portò nuova luce (e quindi vita) nel mondo, e data anche l’assenza nella Bibbia di una specifica data di nascita di Gesù, risulta logica la decisione di celebrare la festa della nascita di Cristo in coincidenza con il solstizio d’inverno.

Le decorazioni natalizie irlandesi

In epoca antica, in Irlanda non esisteva l’albero di Natale, ma si ornava la casa esclusivamente con vischio e agrifoglio.

L’agrifoglio

L’uso dell’agrifoglio ha origine in Irlanda, poiché questa è una delle principali piante che fioriscono durante la stagione natalizia e che poteva essere usata anche dalle famiglie più povere per decorare le abitazioni.
Già i Druidi conoscevano e usavano questa pianta per decorare la casa durante l’inverno e perché fosse luogo di rifugio dal freddo per le piccole fate che abitavano la foresta. Inoltre, poiché l’agrifoglio è una pianta sempreverde, essi credevano che mantenesse viva la bellezza della natura, dopo che numerose piante avevano perso le foglie e il proprio colore durante l’inverno.
Quando il Cristianesimo raggiunse l’Irlanda, i cristiani continuarono a decorare le case con corone di agrifoglio sulle porte e rametti alle finestre. Col tempo questa pianta è diventata una tradizione cristiana, con le bacche rosse a simboleggiare il sangue di Cristo, con le foglie spinose a ricordare la corona di spine indossata da Gesù durante la Passione e i boccioli bianchi da collegare alla purezza della Vergine Maria.

Il vischio

Il vischio non fu ugualmente fortunato in Irlanda, poiché ci fu un lungo periodo in cui non era ben visto dai cristiani. I Celti credevano che il vischio avesse dei poteri guaritivi, ma i cristiani non accettarono questa considerazione del vischio, valutandola una credenza pagana, e la pianta fu bandita fino all’epoca vittoriana, quando tornò in scena l’usanza del bacio sotto il vischio, come gesto d’amore e portafortuna.

Oggi, oltre al vischio e all’agrifoglio, da quando la Germania ha esportato l’usanza dell’albero di Natale, anche in Irlanda si è diffusa questa tradizione e ci si appresta con molto anticipo ad organizzarne e acquistarne gli addobbi. Se ne trovano di tutti i tipi, da pendenti a forma di trifoglio e leprechauns a palle di vetro color verde smeraldo con su scritti messaggi di buon augurio tipicamente irlandesi.

Tutte le decorazioni vengono tolte il giorno dell’Epifania e si crede che porti sfortuna toglierle prima! La vita, lentamente, torna alla normalità e le case sembrano terribilmente vuote!

Le usanze di Natale in Irlanda

Pulizie in casa

Fondamentale per affrontare in maniera perfetta il Natale irlandese è la rigorosa e approfondita pulizia della casa, che spesso, in alcune zone rurali, coinvolge ancora oggi l’imbiancatura delle pareti. In passato, infatti, le donne si dedicavano alla pulitura di porte e finestre, vetri, specchi e argenteria, rinfrescando anche le tende e lasciando che le pulizie interessassero anche la stalla, simbolo della nascita di Gesù. Gli uomini, d’altro canto, rinfrescavano le pareti della casa come per purificare l’ambiente in onore dell’avvento di Cristo.
Questa tradizione esisteva già molto tempo prima della cristianizzazione e persino della civilizzazione celtica. Si tratta, infatti, di una cerimonia purificatoria dell’antica Mesopotamia, datata intorno al 4000 a.C., quando il popolo aveva la consuetudine di pulire le proprie abitazioni e persino le strade, per assistere il loro dio nella sua battaglia contro i poteri del caos. E si credeva che il dio controllasse la soglia di ogni casa per assicurarsi che fossero ben pulite.
Si avvertono, a questo punto, i legami tra questi due usi ed è possibile dedurre che, in qualche modo, la rigorosa pulizia della casa in Irlanda derivi dall’usanza antica della Mesopotamia, nonostante lo scopo sia diverso. Nei secoli, chiaramente, le tradizioni si tramandano, ma vanno ad assumere significati diversi, in base alle singolari situazioni di ogni terra.

L’accensione delle candele alla finestra

Caratteristica tra le numerose tradizioni natalizie in uso ancora oggi in Irlanda è quella di accendere una candela presso una finestra la sera della Vigilia di Natale. Questo gesto ha diversi significati, tra cui, uno religioso: la candela accesa sta a simboleggiare l’ospitalità nei confronti di Maria e Giuseppe, che in quella notte, avevano a lungo penato per trovare un rifugio a Betlemme. Un altro significato assunto dalla candela accesa è quello di segnalare ai preti cattolici un rifugio e un posto sicuro dove poter celebrare la Messa, poiché a lungo fu loro vietato. La candela accesa, inoltre, potrebbe rimandare all’antichità, quando i Romani accendevano candele durante la festa del solstizio d’inverno, a significare il ritorno della luce del sole dopo l’inverno.
La cerimonia dell’accensione della candela fa parte di uno dei semplici ed antichi rituali cui partecipa l’intera famiglia, pregando e cantando. La candela, inoltre, dovrebbe essere accesa dal membro più giovane della famiglia e a spegnerla dovrebbe essere esclusivamente una fanciulla di nome Maria.

La tavola apparecchiata

Per molti secoli, insieme all’usanza della candela accesa, esisteva anche quella di mettere più piatti a tavola, come se si restasse in attesa di visitatori improvvisi. Oppure, dopo aver consumato la cena della Vigilia, si soleva apparecchiare nuovamente la tavola mettendovi una pagnotta di pane ripiena di semi di cumino e uva passa, una caraffa di latte e una candela accesa. Lasciando, inoltre, la porta aperta, si garantiva in tal modo l’ospitalità non solo a Maria e Giuseppe, ma anche ai viaggiatori che potevano incontrare la casa vagando durante quella notte.

Il giorno di S. Stefano

In occasione del Natale si usa offrire dei regali, di solito in soldi, al lattaio, allo spazzino e al postino. Nel passato ciò avveniva il giorno di S. Stefano, conosciuto anche come “Boxing Day” nell’Irlanda del Nord e in Inghilterra.
La tradizione vuole anche che, il 26 dicembre, si mettano in scena delle pantomime, ovvero commedie molto divertenti basate su favole per bambini. Tra i titoli più comuni sono: Cenerentola, Aladino, Il Gatto con gli stivali e Biancaneve. Questi spettacoli si basano sullo scambio dei ruoli: solitamente i maschi recitano i ruoli femminili e viceversa. Di solito i testi contengono facezie per adulti o canzoncine e giochi cui può partecipare anche il pubblico. Spesso i bambini ricevono dolcetti, che vengono lanciati loro durante lo spettacolo.
Il giorno di S. Stefano in Irlanda si giocano anche molte partite di calcio e hanno luogo le corse di cavalli.
Un’usanza tipica per questo giorno è la “Wren Boys Procession”, che diverte particolarmente i bambini.

I “Wren Boys”

Non si può parlare del Natale in Irlanda senza citare la processione dei Wren Boys che si tiene ancora oggi in alcune zone dell’Irlanda, per esempio la Penisola di Dingle, il giorno di S. Stefano, conosciuto anche con il nome gaelico La An Droilin, il giorno dello scricciolo.
Lo scricciolo (in inglese wren) è uno degli uccelli più piccoli, ma emette suoni molto poderosi e spesso viene chiamato “il re degli uccelli”.
Esistono due storie che possono spiegare la celebrazione dello scricciolo il 26 dicembre: una racconta che uno scricciolo cinguettante rivelò ai soldati romani il nascondiglio di S. Stefano, che fu catturato e ucciso; l’altra storia afferma che nell’VIII secolo uno scricciolo diede un colpo su un tamburo durante l’accerchiamento nascosto di un campo vichingo da parte dei soldati irlandesi e per questo motivo questi ultimi furono scoperti e uccisi. E’ soprattutto la prima delle due leggende a spiegare la caccia allo scricciolo nel giorno di S. Stefano.
Bambini e bambine indossano vestiti stracciati e si coprono o dipingono i visi e vanno di casa in casa intonando una rima, spesso accompagnata dal suono di violini, armoniche e corni, che solitamente fa così:

The wren, the wren the king of all birds,
St Steven’s day he was caught in the furze,
Up with the kettle and down with the pan.
Give us some money to bury the wren.

Questa tradizione risale a un tempo molto antico, in cui veniva ucciso uno scricciolo e il suo cadavere veniva appeso a un ramo di agrifoglio e portato in giro. Oggi non si permette più l’uccisione dell’uccellino, ma al posto del corpo dell’animale si mette un’effige appesa al ramo di agrifoglio e si continua la visita porta a porta da parte dei ragazzini. Di solito a questi vengono offerte birra e pudding e i più giovani di ogni casa visitata si uniscono alla combriccola finché non si da vita a un gruppo numeroso di ragazzini del vicinato che passano di porta in porta a chiedere un’offerta.

Santa Claus o Father Christmas

In alcune zone dell’Irlanda, secondo l’influenza inglese, è Father Christmas a riempire le calze dei bambini la Vigilia di Natale.
In altre zone, invece, è Santa Claus, secondo l’influenza occidentale. La sera della Vigilia molti bambini appendono le calze ai piedi dei loro letti perché Babbo Natale le riempia di regali, altri, invece, usano le federe dei cuscini. Secondo la tradizione, la mattina di Natale, quando i bambini rovistano nelle calze, vi trovano una mela nella punta e un’arancia o un mandarino nel tacco.

Capodanno

In alcune parti della Gran Bretagna e dell’Irlanda, si usa aprire tutte le porte di casa a mezzanotte per far entrare il nuovo anno. Inoltre si fa rumore sbattendo utensili della cucina o della casa con lo scopo di scacciare gli spiriti cattivi durante il passaggio dal vecchio al nuovo anno.

Il 6 gennaio

Il 6 gennaio anche l’Irlanda celebra l’Epifania, nota anche col nome Little Christmas o Woman’s Christmas. Si cucinano dolci e biscotti speciali e vengono accese dodici candele in onore dei dodici apostoli di Gesù.

NEVINA E FIORDAPRILE(favola di Natale)

Grafica Stregata

una principessa chiamata Nevina che viveva sola col padre Gennaio.

Lassù, nel candore perpetuo, abbagliante, inaccessibile agli uomini, il Re Gennaio preparava la neve con una chimica nota a lui solo; Nevina la modellava su piccole forme tolte dagli astri e dagli edelweiss, poi, quando la cornucopia era piena, la vuotava secondo il comando del padre ai quattro punti dell’orizzonte. E la neve si diffondeva sul mondo.

Nevina era pallida e diafana, bella come le dee che non sono più: le sue chiome erano appena bionde, d’un biondo imitato dalla Stella Polare, il suo volto, le sue mani avevano il candore della neve non ancora caduta, l’occhio era cerulo come l’azzurro dei ghiacciai.

Nevina era triste.

Nelle ore di tregua, quando la notte era serena e stellata e il padre Gennaio sospendeva l’opera per dormire nell’immensa barba fluente, Nevina s’appoggiava ai balaustri di ghiaccio, chiudeva il mento tra le mani e fissava l’orizzonte lontano, sognando.

Una rondine ferita che valicava le montagne, per recarsi nelle terre del sole, era caduta nelle sue mani, che avevano tentato invano di confortarla; nei brividi dell’agonia la rondine aveva delirato, sospirando il mare, i fiori, i palmizi, la primavera senza fine. E Nevina da quel giorno sognava le terre non viste.

Una notte decise di partire. Passò cauta sulla barba fluente di Gennaio, lasciò il ghiaccio e la neve eterna, prese la via della valle, si trovò fra gli abeti. Gli gnomi che la vedevano passare diafana, fosforescente nelle tenebre della foresta, interrompevano le danze, sostavano cavalcioni sui rami, fissandola con occhi curiosi e ridarelli.

– Nevina!

– Nevina! Dove vai?

– Nevina, danza con noi!

– Nevina, non ci lasciare!

E gli Spiritelli benigni le facevano ressa intorno, tentavano di arrestarle il passo abbracciandole con tutta forza la caviglia, cercavano di imprigionarle i piedi leggeri entro rami d’edera e di felce morta.

Nevina sorrideva, sorda ai richiami affettuosi, toglieva dalla cornucopia d’argento una falda di neve, la diffondeva intorno, liberandosi dei piccoli compagni di gioco. E proseguiva il cammino diafana, silenziosa, leggera come le dee che non sono più.

Giunse a valle, fu sulla grande strada.

L’aria si mitigava. Un senso d’affanno opprimeva il cuore di Nevina; per respirare toglieva dalla cornucopia una falda di neve, la diffondeva intorno, ritrovava le forze e il respiro nell’aria fatta gelida subitamente.

Proseguì rapida, percorse gran tratto di strada. Ad un crocevia sostò in estasi, con gli occhi abbagliati. Le si apriva dinnanzi uno spazio ignoto, una distesa azzurra e senza fine, come un altro cielo tolto alla volta celeste, disteso in terra, trattenuto, agitato ai lembi da mani invisibili. Nevina proseguì sbigottita. La terra intorno mutava. Anemoni, garofani, mimose, violette, reseda, narcisi, giacinti, giunchiglie, gelsomini, tuberose, fin dove l’occhio giungeva, dal colle al mare, mal frenati dai muri e dalle siepi dei giardini, i fiori straripavano come un fiume di petali dove emergevano le case e gli alberi.

Gli ulivi distendevano il loro velo d’argento, i palmizi svettavano diritti, eccelsi come dardi scagliati nell’azzurro.

Nevina volgeva gli occhi estasiati sulle cose mai viste, dimenticava di diffondere la neve; poi l’affanno la riprendeva, toglieva una falda, si formava intorno una zona di fiocchi candidi e d’aria gelida che le ridava il respiro. E i fiori, gli ulivi, le palme guardavano pur essi con meraviglia la giovinetta diafana che trasvolava in un turbine niveo e rabbrividivano al suo passaggio.

Un giovane bellissimo, dal giustacuore verde e violetto, apparve innanzi a Nevina, fissandola con occhi inquieti, vietandole il passo:

– Chi sei?

– Nevina sono. Figlia di Gennaio.

– Ma non sai, dunque, che questo non è il regno di tuo padre? Io sono Fiordaprile, e non t’è lecito avanzare sulle mie terre. Ritorna al tuo ghiacciaio, pel bene tuo e pel mio!

Nevina fissava il principe con occhi tanto supplici e dolci che Fiordaprile si sentì commosso.

– Fiordaprile, lasciami avanzare! Mi fermerò poco. Voglio toccare quella neve azzurra, verde, rossa, violetta che chiamate fiori, voglio immergere le mie dita in quel cielo capovolto che è il mare!

Fiordaprile la guardò sorridendo; assentì col capo:

– Andiamo, dunque. Ti farò vedere tutto il mio regno.

Proseguirono insieme, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, estasiati e felici. Ma via via che Nevina avanzava, una zona bigia offuscava l’azzurro del cielo, un turbine di fiocchi candidi copriva i giardini meravigliosi. Passarono in un villaggio festante; contadini e contadine danzavano sotto i mandorli in fiore. Nevina volle che Fiordaprile la facesse danzare: entrarono in ballo; ma la brigata si disperse con un brivido, i suoni cessarono, l’aria si fece di gelo; e dal cielo fatto bigio cominciarono a scendere, con la neve odorosa dei mandorli, i petali gelidi della neve, la vera neve che Nevina diffondeva al suo passaggio. I due dovettero fuggire tra le querele irose della brigata. Giunti poco lungi, volsero il capo e videro il paese di nuovo festante sotto il cielo rifatto sereno…

– Nevina, ti voglio sposare!

– I tuoi sudditi non vorranno una regina che diffonde il gelo.

– Non importa. La mia volontà sarà fatta.

Avanzarono ancora, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, immemori e felici… Ma ad un tratto Nevina s ‘arrestò coprendosi di un pallore più diafano.

– Fiordaprile! Fiordaprile! … Non ho più neve!

E tentava con le dita – invano – il fondo della cornucopia.

– Fiordaprile! … Mi sento morire! .. . Portami al confine… Fiordaprile!… Non reggo più!…

Nevina si piegava, veniva meno. Fiordaprile tentò di sorreggerla, la prese fra le braccia, la portò di peso, correndo verso la valle.

– Nevina! Nevina!

Nevina non rispondeva. Si faceva diafana più ancora. Il suo volto prendeva la trasparenza iridata della bolla che sta per dileguare.

– Nevina! Rispondi!

Fiordaprile la coprì col mantello di seta per difenderla dal sole ardente, proseguì correndo, arrivò nella valle, per affidarla al vento di tramontana.

Ma quando sollevò il mantello Nevina non c’era più. Fiordaprile si guardò intorno smarrito, pallido, tremante. Dov’era? L’aveva perduta per via? Alzò le mani al volto, in atto disperato; poi il suo sguardo s’illuminò. Vide Nevina dall’altra parte della valle che salutava con la mano protesa in un addio sorridente.

Un suo vecchio precettore, il vento di tramontana, la sospingeva pei sentieri nevosi, verso il ghiaccio eterno, verso il regno inaccessibile del padre Gennaio.

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